LA BELLEZZA È VERITÀ, LA VERITÀ È BELLEZZA
QUANDO IL VITIGNO
È TRENTINO
VALLE
DELL’ADIGE
Il ponte fra la cultura nordica e quella latina.
Tra le ricchezze artistiche di Trento, città capoluogo di provincia e centro principale della Valle dell’Adige, oltre al duomo, alle case rinascimentali affrescate, alle mura merlate che, oggi come un tempo, abbracciano il centro storico, va senza dubbio ricordata una particolare opera pittorica: il Ciclo dei Mesi di Torre Aquila (Castello del Buonconsiglio).
Probabilmente una delle più note raffigurazioni del Ciclo dei Mesi è quella del mese di ottobre, dedicata alla vendemmia e alle attività ad essa collegate. Questo elegante e particolarissimo omaggio dell’arte è, da solo, in grado di far capire l’importanza rivestita dalla viticoltura in Valle dell’Adige.
Pur se antropizzata e, soprattutto lungo l’asta del fiume Adige, sede di numerose attività industriali, nella sua essenza più profonda e nella sua vocazione vinicola la valle è rimasta simile a quella descritta sette secoli fa. I numerosi vigneti (tra i quali quelli coltivati a Nosiola, Pinot Grigio, Chardonnay) danno vita ad un tipico paesaggio agricolo che è possibile apprezzare appieno nel percorso che, partendo a nord di Trento, si apre verso la Piana Rotaliana.
VALLE
DI CEMBRA
Ripidissimi vigneti che ricamano le montagne
Numerose sono le ipotesi con le quali gli studiosi hanno cercato di chiarire l’origine del nome di una delle valli più caratteristiche del Trentino: la Valle di Cembra. Sia che esso derivi dalla presenza di boschi di pini cembri o dalla trascorsa residenza di popolazioni di cimbri, è fatto innegabile che la storia della valle affonda lontana nel tempo.
Ma non solo la storia è generosa di testimonianze. Anche il paesaggio della Valle di Cembra mostra aspetti unici grazie ai ripidissimi vigneti che scendono quasi fino al letto del torrente Avisio interrotti, talvolta, solo dalla presenza di boschi.
Oggi l’aspetto di questa valle ripida e scoscesa è fortemente caratterizzato dalla viticoltura. I piccoli e preziosi campi, percorsi da strette e ripide strade, sono divisi da muri a secco costruiti con sassi di differenti dimensioni incastrati e posizionati l’uno sopra l’altro senza l’ausilio di malta. Vecchi di decenni e talvolta di secoli, i muretti impreziosiscono il panorama di inediti merletti e sono realizzati con gli scarti del porfido, l’“oro rosso” del Trentino proveniente dalle numerose cave presenti sul versante sinistro della Valle di Cembra. Prodotto di origine vulcanica originato 270-280 milioni di anni fa dal deposito di nubi ardenti eruttate da una grande fessura nel terreno, il porfido è ampiamente utilizzato come materiale da rivestimento e pavimentazione.
Una viticoltura eroica per la pendenza dei suoi vigneti, che impone un grandissimo impiego della manualità anche nella fase della vendemmia. Gran parte della superficie vitata è dedicata alla coltivazione di uve a bacca bianca, in particolare il Müller Thurgau e lo Chardonnay base spumante.
VALSUGANA
Sbocco naturale della regione trentina
verso il mare veneto e la pianura
La Valsugana ha sempre rivestito un ruolo determinante nella geografia dei traffici di tipo turistico e commerciale.
Interessata al passaggio della Claudia Augusta Altinate, la Valsugana è bagnata per tutta la sua lunghezza dal fiume Brenta. Qui è fiorente la viticoltura che pare sia stata introdotta dai romani. Numerose, in questo senso, sono le testimonianze che attestano la vocazione vinicola della zona.
Significative e importanti sono le iniziative che, da alcuni anni, hanno portato la Valsugana all’avanguardia del settore agricolo.
Tra esse va ricordata la reintroduzione nella viticoltura produttiva della coltivazione di vitigni antichi. Una scelta importante, che rispetta e riprende le tradizioni colturali di un territorio che, fino all’Ottocento, vedeva crescere per la quasi totalità varietà native. Oltre lo scorrere del tempo e delle mode oggi è rimasta intatta la passione di alcuni viticoltori attenti che hanno mantenuto nei loro vigneti varietà del passato. Proprio queste coltivazioni, accanto ad altre appositamente create, stanno ora riprendendo forza e vigore anche grazie alla volontà di aziende come le Cantine Monfort che vanno nella direzione della riscoperta e riproposta di vini pregiati per intenditori.
Piana Rotaliana
Il giardino con le viti più bello d’Europa
I numerosi vigneti danno vita ad un tipico paesaggio agricolo che è possibile apprezzare appieno nel percorso che, partendo a nord di Trento, si apre verso la Piana Rotaliana, zona enologica tra le più rinomate della regione.
La particolare composizione del terreno originato dai detriti alluvionali del fiume Noce e l’altrettanto particolare clima estivo determinato dalla presenza di pareti di roccia che riflettono i raggi del sole, permettono in Piana Rotaliana la produzione di un vino assolutamente speciale: il Teroldego.
Coltivato nei suggestivi vigneti pianeggianti abbracciati dalle montagne, il Teroldego deve il suo nome a un toponimo (la località Teroldeghe nel comune di Mezzolombardo). Considerato il principe dei vini trentini e forse imparentato, per le sue caratteristiche biochimiche, con il Marzemino, il Teroldego vanta un’origine quasi leggendaria. Sia che derivi dal sangue di drago o, piuttosto, sia giunto dall’Asia, il Teroldego ha comunque trovato nella Piana Rotaliana le condizioni ideali per esprimere al meglio, e in maniera unica, tutte quelle caratteristiche che lo rendono perfetto e inimitabile.
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